Dal 1 luglio 2018 il pagamento degli stipendi non potrà più essere in contanti

di Paolo Bergamo
27 Giugno 2018

A decorrere dal 1° luglio 2018, i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

Questo è l’effetto di quanto previsto dall’ultima Legge di Bilancio approvata sul finire del 2017. A prescindere dalla tipologia lavorativa (tempo indeterminato, determinato, lavoro a chiamata etc.) nonché dalla durata contrattuale (anche i rapporti di lavoro di brevissima durata) le retribuzioni dei lavoratori subordinati dovranno essere pagate con i seguenti strumenti:

  • bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronici;
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato;

L’impedimento è comprovato qualora il delegato sia il coniuge, il convivente, un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.


ESCLUSIONI

Il pagamento con queste modalità dovrà essere adottato anche in caso di acconti sulla retribuzione e dovranno essere utilizzate anche dai Committenti che intendano retribuire collaboratori coordinati e continuativi.
Saranno invece esclusi dalle predette disposizioni i pagamenti di retribuzione nei confronti dei lavoratori domestici ( Esempio Colf/Badanti) e i lavoratori delle pubbliche amministrazioni.

FIRMA SULLA BUSTA PAGA
La Legge di Stabilità ha previsto che la firma sulla busta paga non costituisca prova dell’avvenuto pagamento, il quale sarà dimostrabile solo attraverso il pagamento tracciato.

SANZIONI
Il pagamento di retribuzioni ai lavoratori subordinati/collaboratori coordinati e continuativi in contanti comporterà una sanzione amministrativa variabile da un minimo di 1.000 ad un massimo di 5.000 euro. Non sarà possibile la procedura della diffida che consentirebbe la riduzione al minimo della sanzione.

Lo Staff di Studio Themis resta a vostra disposizione per i necessari chiarimenti.