Il certificato anti-pedofilia

di Paolo Bergamo
28 Aprile 2014

In data 6 aprile 2014 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 39/2014 e relativo alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.
Il presente decreto è attuativo della direttiva dell’Unione Europea 2011/93, la quale prevede, che le legislazioni degli Stati Membri dell’Unione Europea siano armonizzati nel senso di prevedere opportuni accorgimenti al fine di scongiurare il rischio di reiterazione di reati legati all’abuso sessuale di minori, purtoppo in continuo aumento anche grazie ai nuovi strumenti tecnologici.
In particolare l’art. 10 della Direttiva Europea, impone agli Stati Membri, di adottare “le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al momento dell’assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, conformemente alla normativa nazionale e con ogni mezzo appropriato, quali l’accesso su richiesta o tramite l’interessato, sull’esistenza di condanne penali per i reati di cui agli articoli da 3 a 7, iscritte nel casellario giudiziario, o dell’esistenza di eventuali misure interdittive dell’esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali”

Tale Direttiva è stata trasfusa dal nostro legislatore nell’art. 2 del Decreto Legislativo 39/2014 che prevede che:
“Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all’articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.”

Inoltre viene previsto che il soggetto che non adempia al obbligo di cui sopra sia soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 ad euro 15.000,00.

Pertanto, dallo scorso 6 aprile 2014 sorge un nuovo obbligo per i datori di lavoro che intendono impiegare lavoratori per lo svolgimento di attività professionali o volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, cioè quello di richiedere, pena una sanzione amministrativa da euro 10.000,00 ad euro 15.000,00, il certificato penale del casellario giudiziale del lavoratore in questione.
Ma andiamo ad analizzare la disciplina nel dettaglio, al fine anche di chiarire meglio che sono i destinatari di questa nuova incombenza:

ATTIVITÀ PROFESSIONALI O VOLONTARIE ORGANIZZZATE
Si fà riferimento alle attività lavorative strutturate cioè non di di tipo occasionale ma organizzate e stabili nel tempo come ad esempio nel caso delle attività commerciali o professionali. Vengono esplicitamente ricomprese le associazioni di volontariato in quanto organizzazioni stabili qualora utilizzino lavoratori dipendenti.

CONTATTI DIRETTI E REGOLARI CON MINORI
L’obbligo di richiesta del certificato penale scatta qualora si intenda adibire al lavoro una persona per lo svolgimento delle attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare nr. 9/2014 ha stabilito che per contatti diretti si intendano quelli “non mediati” intendendo per mediati quelli di supervisione ed indirizzo dell’attività di un altro lavoratore che operi a contatto diretto con il minore. In sostanza l’obbligo di richiedere il certificato penale non riguarda il dirigente o il responsabile di altro lavoratore che opera a contatto diretto con i minori. Inoltre i datori di lavoro richiedereanno il certificato penale solo nel caso in cui l’oggetto dell’attività del lavoratore sia esclusivamente rivolto ai minorenni (ad esempio insegnanti di scuole pubbliche e/o private, istruttori sportivi per ragazzi, personale addetto alla somministrazione dei pasti all’interno di mense scolastiche). Non sono inclusi nell’obbligo gli alberghi e le attività di ristorazione, in quanto l’utenza può essere “mista”.
Ricorda inoltre il Ministero che l’obbligo sorge solo per l’impiego di nuovo personale a far data dal 6 aprile 2014, mentre nessun obbligo è imposto per i lavoratori che alla data risultino già in forza.
Non si può che essere d’accordo con il Ministero del Lavoro quando, smentendo quanto inzialmente previsto da una nota del Ministero della Giustizia (altro organo con compentenze in questa materia!) mette sullo stesso piano i lavoratori di qualunque tipologia essi siano (subordinati, collaborazioni coordinate e continuative anche a progetto, associazioni in partecipazione etc), laddove invece il Ministero della Giustizia, rifacendosi al tenore letterale della norma che imponeva una sanzione al datore di lavoro, riteneva che tale obbligo sorgesse solo per i lavoratori subordinati.

ARTICOLI 600-BIS, 600 TER, 600 QUATER, 600 QUINQUIES E 609 UNDECIES del codice penale:
Nel dettaglio sono gli articoli che si riferiscono alle seguenti condotte illecite e relative allo sfruttamento sessuale di minori ed alla pornografia:
prostituzione minorile (art. 600-bis);
pornografia minorile (art. 600-ter);
detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater);
pornografia virtuale (art. 600-quinquies);
adescamento di minorenni (art. 600-undecies).

Il legislatore intende che il datore di lavoro acquisica il certificato penale in relazione, non a tutti gli eventuali reati iscritti al soggetto, ma esclusivamente in relazione a condotte penali relative alla pornografia e allo sfruttamento sessuale di minori.
A tal fine il Ministero della Giustizia ricorda che il certificato penale richiesto dal datore di lavoro ai sensi del Decreto in commento dovrà contenere esclusivamente i reati derivanti dalla violazione degli articoli sopra indicati. Nelle more che il Ministero della Giustizia si attrezzi per rilasciare un certificato penale “ridotto”, sarà necessario che il richiedente (ovvero il datore di lavoro) acquisisca il consenso da parte del lavoratore. In mancanza di consenso però il datore di lavoro non potrà richiedere validamente il certificato del lavoratore. A questo punto è quanto mai opportuno che il datore di lavoro si premuri di farsi prestare il consenso preventivamente all’instaurazione del rapporto lavorativo, e subordinando a ciò la relativa assunzione. In mancanza di consenso non è opportuno effettuare l’assunzione.

RAPPORTI DI LAVORO CON VOLONTARI
Un altro aspetto da chiarire riguarda tutti quei rapporti lavorativi che non comportino l’instaurazione di un rapporto di lavoro vero e proprio (o di associazione in partecipazione, o di collaborazione coordinata e continuativa) ma ad esempio quei rapporti di lavoro di tipo volontario per esempio con Associazioni di Volontariato.
Per questi rapporti sia il Ministero della Giustizia che il Ministero del Lavoro non prevedono la richiesta del certificato penale.

I COSTI DEL CERTIFICATO PENALE
La richiesta del certificato penale andrà effettuata dal datore di lavoro, munito di documento di riconoscimento in corso di validità, o da persona da lui delegata, utilizzando l’apposito modello, previa acquisizione del consenso della persona interessata, alla procura della repubblica presso il tribunale competente in base alla residenza del lavoratore.

La domanda dovrà contenere:
– 1 marca da bollo da 16 euro;
– 1 marca per diritti da 7,08 euro se il certificato è richiesto con urgenza;
– 1 marca per diritti da 3,54 euro se il certificato è richiesto senza urgenza.

TEMPI DI RILASCIO DEL CERTIFICATO
Il Ministero della Giustizia garantisce che il certificato sarà rilasciato entro qualche giorno dalla richiesta.
Nel frattempo, se il rapporto di lavoro è iniziato, dice lo stesso Ministero, è consentita l’utilizzazione del lavoratore, previa “acquisizione di una dichiarazione sostitutiva di certificazione, circa l’assenza a suo carico di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero dell’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.
Non siamo propriamente d’accordo con il Ministero neppure in questo frangente, in quanto il “bene” da tutelare, sono i minorenni, che non devono venire a contatto con persone che hanno precedenti per reati legati alla pedofilia. Impiegare lavoratori con una semplice dichiarazione, anche se in attesa del rilascio del certificato penale, esporrebbe i minori al rischio di venire a contatto con persone poco raccomandabili. Ricordiamoci inoltre che la Direttiva Europea prevede che la richiesta del certificato penale sia necessaria al fine di evitare la reiterazioni dei reati in oggetto, cosa che invece potrebbe accadere avendo in mano una semplice autocertificazione. Quindi assolutamente consigliamo di adibire il personale solo ed esclusivamente dopo aver acquisito il certificato penale.

CONSIDERAZIONI FINALI
Una norma con un fine assolutamente condivisibile, che purtroppo si trasforma, per la nota incapacità del nostro legislatore di prevedere un chiaro campo di applicazione, nel solito groviglio di note, circolari e contro note, che rispetto ai buoni propositi, diventa il solito adempimento burocratico a carico dei datori di lavoro.

Lo studio resta a vostra disposizione per qualsiasi chiarimento necessario.