L’ennesima riforma dell’apprendistato
di Roberta PavanelloStante il perdurare della crisi economica, e l’elevato tasso di disoccupazione giovanile, il legislatore negli ultimi anni è intervenuto più volte per mettere mano all’apprendistato. Infatti secondo il legislatore l’apprendistato dovrebbe configurare la tipologia contrattuale di accesso al mondo del lavoro dei giovani.
Stante il perdurare della crisi economica, e l’elevato tasso di disoccupazione giovanile, il legislatore negli ultimi anni è intervenuto più volte per mettere mano all’apprendistato. Infatti secondo il legislatore l’apprendistato dovrebbe configurare la tipologia contrattuale di accesso al mondo del lavoro dei giovani.
Negli ultimi 10 anni si sono succedute, a partire dalla Riforma Biagi, interventi più o meno felici, volti a semplificare l’utilizzo di questa forma contrattuale.
Con l’ultimo l’intervento del Governo Letta (D.L. 76/2013) si procede ad un’ulteriore semplificazione che riguarda la possibilità di evitare di inserire nel piano formativo (che ricordiamo essere il documento stipulato fra azienda e apprendista che contiene il piano di formazione) la componente di formazione a carico delle regioni. Altro intervento riguarda invece le imprese multilocalizzate (con sedi in più Regioni) che possono far riferimento al percorso formativo previsto dalla Regione ove ha la propria sede legale, anche per gli apprendisti occupati nelle sedi periferiche.
Lodevoli ma non sostanziali gli ultimi interventi legislativi. Infatti l’apprendistato, quale tipologia contrattuale che prevede Formazione e Lavoro, sconta le competenze legislative di Stato per quanto riguarda il lavoro e le agevolazioni contributive, e Regionali per quanto riguarda la componente formativa. Ecco che le 21 regioni italiane legiferano in maniera differente fra loro rendendo complesso il ricorso a tale istituto.